lunedì 11 novembre 2013

A PROPOSITO DEI "SALERNITANI DOC" ...

     
Che cosa spinge tante persone a cercare una “certificazione” della propria appartenenza e provenienza territoriale?
Naturalmente non mi riferisco al tradizionale certificato di nascita o di residenza. Ma a qualcosa di piú concreto anche se forse piú evanescente e piú identitario.
In un epoca in cui è sempre più forte il tentativo di superare ogni forma di burocrazia, centosettantacinque cittadini salernitani hanno ottenuto una credenziale di “Salernitano DOC”.
Il logo della Cittá di Salerno 
in una antica cartolina 
della collezione privata 
presentata da 
Gerardo Giordano 
durante l'íncontro dei 
Salernitani DOC

Quasi un certificato, cioè, dove com’è noto, DOC sta per “denominazione di origine controllata”. Poteva essere DOP ‘’origine protetta’’, secondo il lessico europeo; invece tutti chiedono di essere DOC e di essere certificati.
Me lo sono chiesto recentemente quando insieme a tante persone affollavamo il Salone dei Marmi di Palazzo di città a Salerno, in attesa di ricevere l’ambito riconoscimento nella manifestazione organizzata da Massimo Staglioli. E pensare che quella di quest’anno è appena la sesta edizione.  
Salerno in questi ultimi venti anni è diventata una cittá sempre piú attraente ed  attrattiva, nonostante complessi problemi di funzioni urbane che pesano ancora molto nella riorganizzazione del vivere civile.
Un lavoro straordinario di tanti soggetti pubblici e privati ha consentito una enorme valorizzazione del complesso patrimonio ambientale, monumentale e culturale, oltre che professionale,  della cittá e le ha fatto compiere progressi inimmaginabili che hanno molto migliorato la mai sopita volontá di divenire punto di riferimento tra le tante cittá medie meridionali, migliorando fortemente il suo grado di accoglienza.
Tuttavia nonostante I’enorme lavoro svolto, molti salernitani non hanno trovato sempre modo di identificarsi con la evoluzione e le soluzioni che hanno attraversato questa trasformazione  della cittá.
La particolare familiaritá che caratterizzava i rapporti nella comunitá cittadina, almeno nella seconda metá del  novecento, era rappresentata da una forte omogeneitá (quasi etnica: la salernitanitá), rafforzata da un forte sentimento di solidarismo locale: quasi come una grande famiglia, con un forte vincolo in cui tutti erano amici e tutti si conoscevano.
Una grande comunitá familiare con pochi conflitti, in cui le divergenze ed i rapporti sociali erano regolati da un “complesso sistema di contrappesi”.
Tale modo di essere sembra molto evidente nelle varie e particolari vicissitudini attraversate dalla comunitá cittadina, dopo lo sbarco di Salerno nel 1943, l’alluvione del 1954, il terremoto del ’62, fino a quella piú straziante che è stato il terremoto del novembre 1980. Momenti drammatici a cui hanno fatto seguito sempre straordinari scatti di ripresa economica e sociale con un forte vincolo solidaristico e di appartenenza.
Poi le varie ondate migratorie che hanno attraversato la cittá che cresceva nel tempo, insieme a parti della provincia.  Prima da altre regioni del sud, poi da altri paesi della sponda mediterranea; la immigrazione transnazionale ed ultima la emigrazione di tanti giovani salernitani, diplomati e laureati: nuovi fenomeni che non hanno contribuito ad una crescita omogenea del tessuto connettivo della cittá e di un suo rafforzamento che tenesse conto della realtá economica, civile e sociale che aveva caratterizzato Salerno dal dopoguerra.
L’attrazione di nuovi gruppi etnici e la loro integrazione è andata avanti nella cittá senza grandi traumi, quasi che il parallelo nuovo divenire urbano dovesse proseguire come un automatico bisogno obbligatorio, necessario per l’incerto futuro, anche se spesso estraneo alla tradizione, al senso comune ed a volte alla comprensione stessa delle scelte da parte della comunitá piú “indigena”.
Questo non riconoscersi negli andamenti succedutisi, pur senza scardinare le soluzioni date ad alcuni problemi della cittá, accettandole come una necessitá imposta dalle cose del tempo che viviamo, spinge molti salernitani a ricercare il risveglio della propria identitá in modo differente.
Oggi forse esso non puó essere solo il riconoscersi ed il ritrovarsi di fronte al Patrono della cittá, San Matteo, il 21 settembre, diventato negli anni, l’unico momento aggregativo di riconoscimento identitario della appartenenza salernitana, ma possa costituire anche un vissuto “salernitano” che oggi sembra quasi improponibile se non impossibile.
Forse la richiesta della certificazione di “Salernitano DOC” indica proprio la necessitá di riuscire a superare questa inopportuna rimozione senza ricorrere a superate  angustie municipalistiche.   

GERARDO GIORDANO

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