lunedì 22 aprile 2013

BEN RITROVATO PRESIDENTE NAPOLITANO !





GIORGIO NAPOLITANO 
IL 12° PRESIDENTE 
DELLA REPUBBLICA  ITALIANA HA GIURATO QUESTO POMERIGGIO DAVANTI 
ALLE CAMERE RIUNITE.







Il testo del messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere dopo il giuramento.
Come voi tutti sapete, non prevedevo di tornare in quest'aula per pronunciare un nuovo giuramento e messaggio da Presidente della Repubblica.
Avevo già nello scorso dicembre pubblicamente dichiarato di condividere l'autorevole convinzione che la non rielezione, al termine del settennato, è "l'alternativa che meglio si conforma al nostro modello costituzionale di Presidente della Repubblica". Avevo egualmente messo l'accento sull'esigenza di dare un segno di normalità e continuità istituzionale con una naturale successione nell'incarico di Capo dello Stato. A queste ragioni e a quelle più strettamente personali, legate all'ovvio dato dell'età, se ne sono infine sovrapposte altre, rappresentatemi - dopo l'esito nullo di cinque votazioni in quest'aula di Montecitorio, in un clima sempre più teso - dagli esponenti di un ampio arco di forze parlamentari e dalla quasi totalità dei Presidenti delle Regioni. Ed è vero che questi mi sono apparsi particolarmente sensibili alle incognite che possono percepirsi al livello delle istituzioni locali, maggiormente vicine ai cittadini, benché ora alle prese con pesanti ombre di corruzione e di lassismo. Istituzioni che ascolto e rispetto, Signori delegati delle Regioni, in quanto portatrici di una visione non accentratrice dello Stato, già presente nel Risorgimento e da perseguire finalmente con serietà e coerenza. E' emerso da tali incontri, nella mattinata di sabato, un drammatico allarme per il rischio ormai incombente di un avvitarsi del Parlamento in seduta comune nell'inconcludenza, nella impotenza ad adempiere al supremo compito costituzionale dell'elezione del Capo dello Stato. Di qui l'appello che ho ritenuto di non poter declinare - per quanto potesse costarmi l'accoglierlo - mosso da un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del paese. La rielezione, per un secondo mandato, del Presidente uscente, non si era mai verificata nella storia della Repubblica, pur non essendo esclusa dal dettato costituzionale, che in questo senso aveva lasciato - come si è significativamente notato - "schiusa una finestra per tempi eccezionali". Ci siamo dunque ritrovati insieme in una scelta pienamente legittima, ma eccezionale. Perché senza precedenti è apparso il rischio che ho appena richiamato : senza precedenti e tanto più grave nella condizione di acuta difficoltà e perfino di emergenza che l'Italia sta vivendo in un contesto europeo e internazionale assai critico e per noi sempre più stringente. Bisognava dunque offrire, al paese e al mondo, una testimonianza di consapevolezza e di coesione nazionale, di vitalità istituzionale, di volontà di dare risposte ai nostri problemi : passando di qui una ritrovata fiducia in noi stessi e una rinnovata apertura di fiducia internazionale verso l'Italia E' a questa prova che non mi sono sottratto. Ma sapendo che quanto è accaduto qui nei giorni scorsi ha rappresentato il punto di arrivo di una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità. Ne propongo una rapida sintesi, una sommaria rassegna. Negli ultimi anni, a esigenze fondate e domande pressanti di riforma delle istituzioni e di rinnovamento della politica e dei partiti - che si sono intrecciate con un'acuta crisi finanziaria, con una pesante recessione, con un crescente malessere sociale - non si sono date soluzioni soddisfacenti : hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi. Ecco che cosa ha condannato alla sterilità o ad esiti minimalistici i confronti tra le forze politiche e i dibattiti in Parlamento. Quel tanto di correttivo e innovativo che si riusciva a fare nel senso della riduzione dei costi della politica, della trasparenza e della moralità nella vita pubblica è stato dunque facilmente ignorato o svalutato : e l'insoddisfazione e la protesta verso la politica, i partiti, il Parlamento, sono state con facilità (ma anche con molta leggerezza) alimentate e ingigantite da campagne di opinione demolitorie, da rappresentazioni unilaterali e indiscriminate in senso distruttivo del mondo dei politici, delle organizzazioni e delle istituzioni in cui essi si muovono. Attenzione : quest'ultimo richiamo che ho sentito di dover esprimere non induca ad alcuna autoindulgenza, non dico solo i corresponsabili del diffondersi della corruzione nelle diverse sfere della politica e dell'amministrazione, ma nemmeno i responsabili di tanti nulla di fatto nel campo delle riforme. Imperdonabile resta la mancata riforma della legge elettorale del 2005. Ancora pochi giorni fa, il Presidente Gallo ha dovuto ricordare come sia rimasta ignorata la raccomandazione della Corte Costituzionale a rivedere in particolare la norma relativa all'attribuzione di un premio di maggioranza senza che sia raggiunta una soglia minima di voti o di seggi. La mancata revisione di quella legge ha prodotto una gara accanita per la conquista, sul filo del rasoio, di quell'abnorme premio, il cui vincitore ha finito per non riuscire a governare una simile sovra-rappresentanza in Parlamento. Ed è un fatto, non certo imprevedibile, che quella legge ha provocato un risultato elettorale di difficile governabilità, e suscitato nuovamente frustrazione tra i cittadini per non aver potuto scegliere gli eletti. Non meno imperdonabile resta il nulla di fatto in materia di sia pur limitate e mirate riforme della seconda parte della Costituzione, faticosamente concordate e poi affossate, e peraltro mai giunte a infrangere il tabù del bicameralismo paritario. Molto si potrebbe aggiungere, ma mi fermo qui, perché su quei temi specifici ho speso tutti i possibili sforzi di persuasione, vanificati dalla sordità di forze politiche che pure mi hanno ora chiamato ad assumere un ulteriore carico di responsabilità per far uscire le istituzioni da uno stallo fatale. Ma ho il dovere di essere franco : se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese. Non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana. Parlando a Rimini a una grande assemblea di giovani nell'agosto 2011, volli rendere esplicito il filo ispiratore delle celebrazioni del 150° della nascita del nostro Stato unitario : l'impegno a trasmettere piena coscienza di "quel che l'Italia e gli italiani hanno mostrato di essere in periodi cruciali del loro passato", e delle "grandi riserve di risorse umane e morali, d'intelligenza e di lavoro di cui disponiamo". E aggiunsi di aver voluto così suscitare orgoglio e fiducia "perché le sfide e le prove che abbiamo davanti sono più che mai ardue, profonde e di esito incerto. Questo ci dice la crisi che stiamo attraversando. Crisi mondiale, crisi europea, e dentro questo quadro l'Italia, con i suoi punti di forza e con le sue debolezze, con il suo bagaglio di problemi antichi e recenti, di ordine istituzionale e politico, di ordine strutturale, sociale e civile." Ecco, posso ripetere quelle parole di un anno e mezzo fa, sia per sollecitare tutti a parlare il linguaggio della verità - fuori di ogni banale distinzione e disputa tra pessimisti e ottimisti - sia per introdurre il discorso su un insieme di obbiettivi in materia di riforme istituzionali e di proposte per l'avvio di un nuovo sviluppo economico, più equo e sostenibile. E' un discorso che - anche per ovvie ragioni di misura di questo mio messaggio - posso solo rinviare ai documenti dei due gruppi di lavoro da me istituiti il 30 marzo scorso. Documenti di cui non si può negare - se non per gusto di polemica intellettuale - la serietà e concretezza. Anche perché essi hanno alle spalle elaborazioni sistematiche non solo delle istituzioni in cui operano i componenti dei due gruppi, ma anche di altre istituzioni e associazioni qualificate. Se poi si ritiene che molte delle indicazioni contenute in quei testi fossero già acquisite, vuol dire che è tempo di passare, in sede politica, ai fatti; se si nota che, specie in materia istituzionale, sono state lasciate aperte diverse opzioni su varii temi, vuol dire che è tempo di fare delle scelte conclusive. E si può, naturalmente, andare anche oltre, se si vuole, con il contributo di tutti. Vorrei solo formulare, a commento, due osservazioni. La prima riguarda la necessità che al perseguimento di obbiettivi essenziali di riforma dei canali di partecipazione democratica e dei partiti politici, e di riforma delle istituzioni rappresentative, dei rapporti tra Parlamento e governo, tra Stato e Regioni, si associ una forte attenzione per il rafforzamento e rinnovamento degli organi e dei poteri dello Stato. A questi sono stato molto vicino negli ultimi sette anni, e non occorre perciò che rinnovi oggi un formale omaggio, si tratti di forze armate o di forze dell'ordine, della magistratura o di quella Corte che è suprema garanzia di costituzionalità delle leggi. Occorre grande attenzione di fronte a esigenze di tutela della libertà e della sicurezza da nuove articolazioni criminali e da nuove pulsioni eversive, e anche di fronte a fenomeni di tensione e disordine nei rapporti tra diversi poteri dello Stato e diverse istituzioni costituzionalmente rilevanti. Né si trascuri di reagire a disinformazioni e polemiche che colpiscono lo strumento militare, giustamente avviato a una seria riforma, ma sempre posto, nello spirito della Costituzione, a presidio della partecipazione italiana - anche col generoso sacrificio di non pochi nostri ragazzi - alle missioni di stabilizzazione e di pace della comunità internazionale. La seconda osservazione riguarda il valore delle proposte ampiamente sviluppate nel documento da me già citato, per "affrontare la recessione e cogliere le opportunità" che ci si presentano, per "influire sulle prossime opzioni dell'Unione Europea", "per creare e sostenere il lavoro", "per potenziare l'istruzione e il capitale umano, per favorire la ricerca, l'innovazione e la crescita delle imprese". Nel sottolineare questi ultimi punti, osservo che su di essi mi sono fortemente impegnato in ogni sede istituzionale e occasione di confronto, e continuerò a farlo. Essi sono nodi essenziali al fine di qualificare il nostro rinnovato e irrinunciabile impegno a far progredire l'Europa unita, contribuendo a definirne e rispettarne i vincoli di sostenibilità finanziaria e stabilità monetaria, e insieme a rilanciarne il dinamismo e lo spirito di solidarietà, a coglierne al meglio gli insostituibili stimoli e benefici. E sono anche i nodi - innanzitutto, di fronte a un angoscioso crescere della disoccupazione, quelli della creazione di lavoro e della qualità delle occasioni di lavoro - attorno a cui ruota la grande questione sociale che ormai si impone all'ordine del giorno in Italia e in Europa. E' la questione della prospettiva di futuro per un'intera generazione, è la questione di un'effettiva e piena valorizzazione delle risorse e delle energie femminili. Non possiamo restare indifferenti dinanzi a costruttori di impresa e lavoratori che giungono a gesti disperati, a giovani che si perdono, a donne che vivono come inaccettabile la loro emarginazione o subalternità. Volere il cambiamento, ciascuno interpretando a suo modo i consensi espressi dagli elettori, dice poco e non porta lontano se non ci si misura su problemi come quelli che ho citato e che sono stati di recente puntualizzati in modo obbiettivo, in modo non partigiano. Misurarsi su quei problemi perché diventino programma di azione del governo che deve nascere e oggetti di deliberazione del Parlamento che sta avviando la sua attività. E perché diventino fulcro di nuovi comportamenti collettivi, da parte di forze - in primo luogo nel mondo del lavoro e dell'impresa - che "appaiono bloccate, impaurite, arroccate in difesa e a disagio di fronte all'innovazione che è invece il motore dello sviluppo". Occorre un'apertura nuova, un nuovo slancio nella società ; occorre un colpo di reni, nel Mezzogiorno stesso, per sollevare il Mezzogiorno da una spirale di arretramento e impoverimento. Il Parlamento ha di recente deliberato addirittura all'unanimità il suo contributo su provvedimenti urgenti che al governo Monti ancora in carica toccava adottare, e che esso ha adottato, nel solco di uno sforzo di politica economico-finanziaria ed europea che meriterà certamente un giudizio più equanime, quanto più si allontanerà il clima dello scontro elettorale e si trarrà il bilancio del ruolo acquisito nel corso del 2012 in seno all'Unione europea. Apprezzo l'impegno con cui il movimento largamente premiato dal corpo elettorale come nuovo attore politico-parlamentare ha mostrato di volersi impegnare alla Camera e al Senato, guadagnandovi il peso e l'influenza che gli spetta : quella è la strada di una feconda, anche se aspra, dialettica democratica e non quella, avventurosa e deviante, della contrapposizione tra piazza e Parlamento. Non può, d'altronde, reggere e dare frutti neppure una contrapposizione tra Rete e forme di organizzazione politica quali storicamente sono da ben più di un secolo e ovunque i partiti. La Rete fornisce accessi preziosi alla politica, inedite possibilità individuali di espressione e di intervento politico e anche stimoli all'aggregazione e manifestazione di consensi e di dissensi. Ma non c'è partecipazione realmente democratica, rappresentativa ed efficace alla formazione delle decisioni pubbliche senza il tramite di partiti capaci di rinnovarsi o di movimenti politici organizzati, tutti comunque da vincolare all'imperativo costituzionale del "metodo democratico". Le forze rappresentate in Parlamento, senza alcuna eccezione, debbono comunque dare ora - nella fase cruciale che l'Italia e l'Europa attraversano - il loro apporto alle decisioni da prendere per il rinnovamento del paese. Senza temere di convergere su delle soluzioni, dal momento che di recente nelle due Camere non si è temuto di votare all'unanimità. Sentendo voi tutti - onorevoli deputati e senatori - di far parte dell'istituzione parlamentare non come esponenti di una fazione ma come depositari della volontà popolare. C'è da lavorare concretamente, con pazienza e spirito costruttivo, spendendo e acquisendo competenze, innanzitutto nelle Commissioni di Camera e Senato. Permettete che ve lo dica uno che entrò qui da deputato all'età di 28 anni e portò giorno per giorno la sua pietra allo sviluppo della vita politica democratica. Lavorare in Parlamento sui problemi scottanti del paese non è possibile se non nel confronto con un governo come interlocutore essenziale sia della maggioranza sia dell'opposizione. A 56 giorni dalle elezioni del 24-25 febbraio - dopo che ci si è dovuti dedicare all'elezione del Capo dello Stato - si deve senza indugio procedere alla formazione dell'Esecutivo. Non corriamo dietro alle formule o alle definizioni di cui si chiacchiera. Al Presidente non tocca dare mandati, per la formazione del governo, che siano vincolati a qualsiasi prescrizione se non quella voluta dall'art. 94 della Costituzione : un governo che abbia la fiducia delle due Camere. Ad esso spetta darsi un programma, secondo le priorità e la prospettiva temporale che riterrà opportune. E la condizione è dunque una sola : fare i conti con la realtà delle forze in campo nel Parlamento da poco eletto, sapendo quali prove aspettino il governo e quali siano le esigenze e l'interesse generale del paese. Sulla base dei risultati elettorali - di cui non si può non prendere atto, piacciano oppur no - non c'è partito o coalizione (omogenea o presunta tale) che abbia chiesto voti per governare e ne abbia avuti a sufficienza per poterlo fare con le sole sue forze. Qualunque prospettiva si sia presentata agli elettori, o qualunque patto - se si preferisce questa espressione - si sia stretto con i propri elettori, non si possono non fare i conti con i risultati complessivi delle elezioni. Essi indicano tassativamente la necessità di intese tra forze diverse per far nascere e per far vivere un governo oggi in Italia, non trascurando, su un altro piano, la esigenza di intese più ampie, e cioè anche tra maggioranza e opposizione, per dare soluzioni condivise a problemi di comune responsabilità istituzionale. D'altronde, non c'è oggi in Europa nessun paese di consolidata tradizione democratica governato da un solo partito - nemmeno più il Regno Unito - operando dovunque governi formati o almeno sostenuti da più partiti, tra loro affini o abitualmente distanti e perfino aspramente concorrenti. Il fatto che in Italia si sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse, è segno di una regressione, di un diffondersi dell'idea che si possa fare politica senza conoscere o riconoscere le complesse problematiche del governare la cosa pubblica e le implicazioni che ne discendono in termini, appunto, di mediazioni, intese, alleanze politiche. O forse tutto questo è più concretamente il riflesso di un paio di decenni di contrapposizione - fino allo smarrimento dell'idea stessa di convivenza civile - come non mai faziosa e aggressiva, di totale incomunicabilità tra schieramenti politici concorrenti. Lo dicevo già sette anni fa in quest'aula, nella medesima occasione di oggi, auspicando che fosse finalmente vicino "il tempo della maturità per la democrazia dell'alternanza" : che significa anche il tempo della maturità per la ricerca di soluzioni di governo condivise quando se ne imponga la necessità. Altrimenti, si dovrebbe prendere atto dell'ingovernabilità, almeno nella legislatura appena iniziata. Ma non è per prendere atto di questo che ho accolto l'invito a prestare di nuovo giuramento come Presidente della Repubblica. L'ho accolto anche perché l'Italia si desse nei prossimi giorni il governo di cui ha bisogno. E farò a tal fine ciò che mi compete : non andando oltre i limiti del mio ruolo costituzionale, fungendo tutt'al più, per usare un'espressione di scuola, "da fattore di coagulazione". Ma tutte le forze politiche si prendano con realismo le loro responsabilità : era questa la posta implicita dell'appello rivoltomi due giorni or sono. Mi accingo al mio secondo mandato, senza illusioni e tanto meno pretese di amplificazione "salvifica" delle mie funzioni ; eserciterò piuttosto con accresciuto senso del limite, oltre che con immutata imparzialità, quelle che la Costituzione mi attribuisce. E lo farò fino a quando la situazione del paese e delle istituzioni me lo suggerirà e comunque le forze me lo consentiranno. Inizia oggi per me questo non previsto ulteriore impegno pubblico in una fase di vita già molto avanzata ; inizia per voi un lungo cammino da percorrere, con passione, con rigore, con umiltà. Non vi mancherà il mio incitamento e il mio augurio. 
Viva il Parlamento! Viva la Repubblica! Viva l'Italia!


BUON LAVORO SIGNOR PRESIDENTE !
Le foto sono state acquisite dal sito ufficiale della Presidenza della Repubblica italiana

venerdì 19 aprile 2013

ASSOCIAZIONE SODALITAS: radici e memorie salernitane in una serata con le cartoline antiche di Gerardo Giordano.


Il tema dell'identità e della distintività salernitana, attraverso la memoria e le radici antiche della città sono state al centro della serata che si è svolta ieri pomeriggio a Salerno.
L'Associazione "Sodalitas Ettore Caiazza" presieduta dalla prof. Virginia Di Filippo Caiazza,  ha chiesto a Gerardo Giordano collezionista di cartoline antiche, noto per la vastità della raccolta realizzata nel tempo,  di  far conoscere al numeroso pubblico di socie intervenute  gli aspetti più significativi della sua collezione ed i pezzi più caratteristici della sua inesauribile passione. 
E' stata una simpatica occasione, ricca di spunti, per parlare della città e dei  suoi problemi nel divenire della sua modernità, attraverso le immagini  delle cartoline antiche  che hanno rilevato, e così scandito, i vari passaggi della evoluzione urbana di Salerno. 
La serata è stata arricchita da letture di poesie su Salerno e alcuni intermezzi di musiche d'epoca.

giovedì 18 aprile 2013

LA "SOLIDARIETA' OGGI" NELLA DISCUSSIONE DEL LIONS CLUB SALERNO HOST.


Si è svolto  lunedì 15 aprile nel salone di rappresentanza G. Bottiglieri della Provincia di Salerno, il preannunciato convegno del Lions Club Salerno Host "LA SOLIDARIETÀ OGGI". Un importante evento per riflettere su un un tema particolare che tocca molto da vicino l'associazione lionistica internazionale che ha come base della propria attività il servizio al prossimo.
Dopo i saluti del Presidente del Club avv. Pompeo Onesti
e della Presidente di Circoscrizione Antonietta Salzano De Angelis, hanno dato vita ad un vivace ed interessante confronto il Prof. Giuseppe Acocella Coordinatore V Commissione – Welfare e P.A. del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, il  Prof. Giuseppe Cantillo professore emerito della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Federico II di Napoli 
ed il filosofo Aldo Masullo.
Il dibattito è stato concluso dal Past Governatore Lions
Bruno Cavaliere.

Ho chiesto al Prof. Giuseppe Acocella - che ringrazio per aver aderito all'invito - di fornirci il testo della sua comunicazione e dare un utile supporto ai nostri affezionati lettori. Ecco il testo dell'intervento:

Nella Relazione al Parlamento e al Governo presentata dal CNEL al Senato il 13 dicembre 2012 ai sensi della legge 15/2009, si rileva con preoccupazione il rischio che le politiche sociali siano limitate dalle politiche di bilancio e che i vincoli finanziari prevalgano sulla tutela dei diritti sociali fondamentali - in particolare nel Mezzogiorno - che costituiscono l’asse portante di un Stato democratico . Parlare oggi di solidarietà a me sembra che comporti la necessità di verificare le condizioni della solidarietà su grande scala, nelle comunità e tra le comunità, non affidandosi soltanto alla invocazione di una teoria generica o di una etica generosa della solidarietà da contrapporre all’etica dell’egoismo individualistico.
La limitazione indotta dalle politiche di bilancio pesantemente contraddice gli obiettivi di equità riconosciuti ineludibili sia in sede nazionale che in sede europea attraverso le azioni di lotta alla povertà e alla esclusione sociale. Risultano compromesse proprio le situazioni di maggior disagio, come i servizi all’infanzia e l’assistenza ai non autosufficienti, cioè gli obiettivi centrali di civiltà ed eguaglianza propri dei regimi democratici . Dal Fiscal compact – accordo mondiale che ha finito per essere assunto in sede europea come criterio di valutazione per i bilanci nazionali – ai vincoli finanziari europei che limitano le sovranità parlamentari nazionali (senza che ciò abbia conseguito o comporti una maggiore unità europea oppure una affermazione della accettazione popolare della superiorità delle istituzioni europee sulle malferme istituzioni nazionali), la solidarietà sembra essere oggi resa impossibile se non nelle dimensioni del volontariato e delle iniziative benefiche.
La Corte di Karlsruhe nell’autunno 2012 è stata invece molto ferma nel reagire rivendicandola potestà del Parlamento del Reich a legiferare anche nelle materie che richiedessero una tutela dei diritti sociali – ove ne fosse minacciata l’integrità di fondo - anche rispetto ai vincoli finanziari concordati dalla Germania in sede europea, ribadendo il primato della politica nazionale (benché fortemente impegnata a chiedere vincoli per le altre nazioni europee) nel definire i livelli essenziali di quei diritti in campo sociale, previdenziale o sanitario. Non meramente strumentale pertanto, ma attinente ai diritti fondamentali deve dunque anche in Italia essere considerata la tematica dei Livelli Essenziali di Assistenza, scarsamente perseguiti da noi – nella passiva e gregaria assuefazione alle indicazioni della autoreferenziale euroburocrazia - nella manifesta carenza di decreti conseguenti alle disposizioni legislative. La questione diventa particolarmente rilevante dal momento che non è più esclusivamente statale la fonte del Welfare nella tradizionale versione del Welfare State, ma l’articolazione federale e l’integrazione pubblico/privato del Welfare Community (e la disciplina sovranazionale delle politiche sociali) rendono complessa la coerenza del sistema di sicurezza sociale e la stessa valutazione di esso.
La considerazione che occorre tener presente è che proprio la programmazione sociale, ancor più che altri settori interessati alla spesa pubblica, e dunque massima deve essere la necessità di adottare sistemi di accountability, anche per evitare il rischio concreto del “risucchio” delle potenziali risorse per l’assistenza e per gli stessi livelli essenziali da parte del sistema ospedaliero e strettamente sanitario, con buona pace per i sogni di integrazione socio-sanitaria e a spese delle prestazioni definibili di carattere socio-assistenziali, così come del principio di appropriatezza, che avrebbe bisogno proprio in questo ambito di maggior attenzione e più mirato approfondimento. Il rischio è tanto più concreto quanto più si dilata il trasferimento di competenze dall’assistenza sociale dovuto alla “sanitarizzazione” (e spesso ospedalizzazione) di interventi tradizionalmente di carattere socio-sanitario, con conseguente assorbimento di risorse in termini di spesa e di personale. Del resto la prevista diminuzione tra il 2010 ed il 2015 di ben 34 miliardi nella spesa riservata nel bilancio pubblico alla Sanità incoraggia il drenaggio di risorse dal settore socio-assistenziale al sistema ospedaliero e sanitario, con conseguente riduzione della copertura dei servizi essenziali (il Fondo sociale è stato azzerato, e poi ripristinato con la cifra palesemente insufficiente di 200 milioni di euro), e conseguente inevitabile spostamento di competenze dall’assistenza sociale a quella sanitaria, con ulteriore aggravio di compiti impropri a carico di quest’ultima (basti pensare ai lungodegenti e ai non autosufficienti) .
Non si può sostenere però che le difficoltà siano tutte da attribuirsi alla scarsità delle risorse impegnate nel Welfare italiano.
La distribuzione della spesa sociale nelle diverse voci è all’origine di altre rilevanti dispute e valutazioni. Una tale distribuzione ha suggerito una interpretazione che intende sostenere una sottrazione di risorse da parte del popolo dei pensionati a scapito delle giovani generazioni, imputando alle risorse destinate al reddito della parte anziana della popolazione un peso eccessivo che renderebbe esigue le risorse destinate al sostegno delle situazioni di disagio e quelle rivolte a promuovere misure per l’occupazione giovanile.
La critica non tiene conto della platea molto ampia di beneficiari che riduce di molto il grado di tutela della popolazione anziana dei lavoratori in quiescenza e delle loro famiglie (ben il 17% delle pensioni nel 2011 si colloca al di sotto dei 500 euro), ma soprattutto trascura il fatto che proprio il reddito dei pensionati spesso supplisce proprio alle carenze dell’occupazione giovanile nelle famiglie dei lavoratori e compensa lo scarso impegno pubblico nelle situazioni di disagio (meno del 5% della spesa per il sostegno della famiglia e poco più del 3% per la disoccupazione ed altra esclusione sociale. Senza contare che la compensazione garantita ora all’interno delle famiglie dai redditi da pensione, una volta che questi fossero diminuiti, non sarebbe assicurata affatto in futuro da una destinazione equa delle quote risparmiate a vantaggio proprio di coloro alle cui famiglie verrebbe sottratto, i quali intanto beneficiano almeno di questo sostegno “familiare”. Certo il problema è di cambiare il sistema di welfare integrando sicurezza sociale e workfare, puntando anche sugli impieghi sociali della spesa pubblica con incremento della occupazione nei settori di cura.
Consci peraltro che lo Stato non potrà mai più assolvere per intero le funzioni tradizionalmente espletate - anche per la dilatazione della spesa pubblica, come si è visto, anche in materia sanitaria in misura spesso insostenibile, occorre chiedersi quali sono i punti irrinunciabili dell’organizzazione di un diverso Welfare, specie nella direzione della realizzazione di una rete integrata di servizi con il coinvolgimento attivo delle reti efficienti poste in essere dalla società civile organizzata.
Il Welfare Community si presenta dunque come un sistema, che parte dalla valorizzazione della coesione sociale e della ricerca dell’inclusione per tutti i soggetti della comunità, modificando lo stesso modello di politica sociale tradizionalmente instauratosi tra istituzioni e società dei cittadini. Una scelta del genere comporta ovviamente uno sviluppo di orientamenti correttivi dei principi di deregulation e di privatizzazione esasperati troppo spesso invocati e generatori di una conflittualità sociale incontrollabile ed indifferente ad ogni considerazione di bene comune in una società democratica. In questa prospettiva anche le dimensioni volontarie e solidali – come una diversa organizzazione federale - diventano componente essenziale del Welfare Community.
Va forse aggiunto che inaspettatamente persino la stessa, aumentata consapevolezza della dimensione globale della cittadinanza e del mercato può giovare alla promozione di una inclusione sociale delle popolazioni temporaneamente o stabilmente insediate in nazioni diverse da quella d’origine. Ma vorrei sottolineare un punto essenziale delle trasformazioni che ci sono di fronte, e cioè l’aumento inatteso delle “nuove povertà” nell’intera Europa dei 27, riguardanti in grande percentuale gli anziani, le donne sole, i giovani a disagio o i portatori di handicap, gli immigrati e persino i lavoratori poveri, in specie quelli che subiscono una scarsa registrazione di periodi lavorativi diversi ed in differenti contesti (con prospettiva di povertà nell’età più avanzata). Tutto ciò conduce – proprio mentre si approntano misure continentali per contrastarla - ad una dilatazione dell’area della esclusione sociale: essa consisterà sempre più nell’essere privati dei legami sociali e delle opportunità di partecipazione alla vita comune, giacché povertà economica e materiale si saldano alla carenza di relazioni e di solidarietà reciproche.

mercoledì 17 aprile 2013

LA TENDA INAUGURA UNA NUOVA STRUTTURA A GIOVI DI SALERNO.


UN COMUNICATO DEL CENTRO LA TENDA.

Giovedì 18 Aprile 2013, Mons. Luigi Moretti Arcivescovo della Diocesi di Salerno alle ore 17,00 sarà in visita alla Comunità “La Pagliuzza” di Giovi del Centro di Solidarietà La Tenda Onlus di Salerno.
Mons. Moretti benedirà ed inaugurerà una nuova struttura residenziale destinata ad ospitare giovani (e meno giovani) impegnati a ricostruire la propria vita, che arricchisce il complesso già esistente.
Ci piace collegare questa nuova “impresa” del Centro  all’esortazione di Papa Francesco a non “farci rubare la speranza”. 
Questa opera del Centro La Tenda, fortemente voluta da  don Nicola Bari, Presidente dell’Associazione e realizzata con  passione dai giovani dell'”Area Lavoro” de La Tenda, testimonia concretamente la capacità di affrontare questo difficile periodo di crisi e di difficoltà, non solo economiche,  che attraversano la nostra realtà sociale.
Tutto ciò al fine di intervenire direttamente ed adeguatamente nella soluzione dei vari problemi di marginalità e disagio sociale trasformando le fasi di difficoltà in occasioni di crescita sia personale che sociale. 
Negli ultimi anni La Tenda – Centro di solidarietà ha caratterizzato sempre più la sua azione in interventi mirati a raccogliere le aree del disagio per costruire nuove opportunità di vita per le persone attraverso una esperienza comunitaria.
In particolare:
Sono diventate ben dieci le sedi operative destinate a varie attività di contrasto all’emarginazione, oltre che al recupero di tossicodipendenti, che accolgono circa 250 persone l’anno
Sono stati realizzati nuovi servizi destinati all’immigrazione per favorire l’accoglienza e l’integrazione nel nostro territorio provinciale, anche attraverso l’attivazione di corsi di alfabetizzazione coinvolgendo circa 150 soggetti l’anno
Interventi, progetti e servizi per persone a rischio di esclusione sociale sono stati attivati per favorire o aiutare l’inserimento socio-lavorativo
Sono stati avviati numerosi progetti di prevenzione del disagio per giovani e famiglie, consolidando in particolare “Progetto Giovani” e le attività de La Tenda a Fieravecchia

giovedì 11 aprile 2013

MOSTRA DELLA MINERVA: domani comincia la tredicesima edizione.

La Mostra della Minerva parte domani alle 16,30 nella storica villa comunale di Salerno, con la tredicesima edizione. 
"Piante rare e quanto fa giardino" è il titolo di questa edizione che si caratterizza come una delle più belle ed eleganti manifestazioni cittadine continuando una raffinata tradizione di valorizzazione del florovivaismo che da tempo rivive con lo sbocciare della primavera sotto la tenace e costante guida dell'Associazione Hortus Magnus, presieduta dalla prof. Clotilde Baccari Cioffi, e l'impegnato patrocinio del Comune di Salerno.
L'edizione di quest'anno prevede la partecipazione di quasi cento espositori che si articoleranno in quattro settori: complementi da giardino, alimenti naturali, allestimenti di piante, cultura naturale, quest'ultima sotto la regia della Facoltà di Farmacia dell'Università di Salerno. Previsto anche un annullo filatelico speciale. Le tre giornate saranno accompagnate da varie e particolari iniziative per le diverse utenze che visiteranno la mostra, tra cui quella delle tavole decorate e la prima mostra delle camelie salernitane,  oltre al nono premio per il miglior allestimento.

martedì 9 aprile 2013

A PROPOSITO DELLE FESTE PER LA MORTE DELLA SIGNORA MARGARETH THATCHER.


CON UN POCO DI MANCANZA DI STILE E UN POCO DI CULTURA MACABRA SI PUÓ ANCHE BRINDARE IN PIAZZA INSIEME E FESTEGGIARE PER LA MORTE DELLA SIGNORA MARGARETH THATCHER. 
SUCCEDE SPESSO NELLA STORIA DEI POPOLI DI ESPRIMERE COSÍ IL GRADIMENTO PER LA SCOMPARSA DI UNA PERSONA CHE NON SI É ACCETTATA E SI É COMBATTUTA PER UNA VITA. 
MA CHI RIUSCIRÁ A SPIEGARE A GLASGOW E AI LAVORATORI INGLESI CHE MENTRE IN ITALIA IL SINDACATO RIUSCIVA AD ESPRIMERE IL MASSIMO DEL SUO POTERE NEGOZIANDO E CONCERTANDO, I MINATORI DOVETTERO PAGARE DICIOTTO MESI DI SCIOPERO PER LA CAPARBIA MANCANZA DI DISPONIBILITÁ AL CONFRONTO ED AL DIALOGO CON IL GOVERNO.
DOPO LE LEZIONI DELLA STORIA, FORSE SI POTREBBE ACCETTARE IN SILENZIO LA SCOMPARSA DI UNA LEADER CON IL RISPETTO CHE MERITA. 
ALMENO LEI NON FECE ERRORI.
Gerardo Giordano da Bruxelles