domenica 1 marzo 2009

L'INTERVISTA A GERARDO GIORDANO DI ANNA GROTTA PUBBLICATA DAL PERIODICO DE LA TENDA "CAOS INFORMA" COORDINATO DA MARIO SCANNAPIECO

Gerardo Giordano: imparare facendo
L’intervista che presentiamo è molto particolare, forse perchè particolare è Gerardo Giordano. Dalla vividezza delle sue parole scaturisce l’immagine di un uomo impegnato e al passo con i tempi, di grande esperienza costruita raccogliendo e facendo fruttare tutto quello che la vita gli ha posto dinanzi. Il messaggio che trasmette, con pacatezza e risolutezza, è di essere sempre pronti a raccogliere nuovi stimoli, senza aver paura di innovarsi, purchè si abbiano valori sani a cui far riferimento.

L’INTERVISTA
Ci racconti un po' di te?
Fondamentalmente sono un sindacalista; sono stato segretario generale della CISL di Salerno, Segretario regionale della Campania; ma forse è più interessante parlare di ciò di cui mi sono concretamente occupato: mi sono occupato di formazione sindacale - partendo dal Centro Studi CISL di Firenze - di politica industriale e territoriale, di politica del lavoro.
Su questi filoni ho costruito la mia esperienza sindacale. Poi, per ragioni legati ad una mia sensibilità personale, la mia attenzione si è concentrata anche sui temi sociali, intesi come interesse ai bisogni sociali dei più deboli. In realtà, tutta la mia esperienza professionale e personale è nel sociale, ma l'interesse per la "politica sociale" è cominciata a caratterizzarsi poco alla volta. Due sono gli episodi che mi hanno molto colpito: quando ho cominciato a fare il sindacalista, agli inizi degli anni '70, ricordo la prima volta che ho incontrato una troupe televisiva. La mia meraviglia fu scoprire che non erano venuti a parlare del lavoro nero, del sottosalario, del lavoro irregolare, temi all'ordine del giorno, anche in quel tempo, qui nel meridione, ma piuttosto chiesero perché si vendevano i bambini. La conoscenza che i media avevano di noi era legata al fenomeno della vendita dei neonati. Il secondo episodio è legato al primo impatto che ho avuto ad un tavolo istituzionale negoziale, in cui abbiamo parlato degli asili nido nei luoghi di lavoro, e nella società. Quindi, quando ho cominciato concretamente la mia carriera di sindacalista sono state le questioni sociali che mi hanno maggiormente colpito, e allora capii che il lavoro era sì fondamentale, perché la sua mancanza produceva emigrazione, però la condizione umana era anche altrettanto fondamentale.
L'esperienza sindacale è stata molto lunga - è durata ben ventitre anni di cui tredici a Napoli - e mi ha portato poi nel tempo ad approfondire i temi del divario nelle economie, della politica meridionalistica e tante altre cose. Argomenti che poi si incarnano sul bisogno di costruire politiche di sviluppo.
Come mai anche giornalista?
Ogni volta che ho realizzato un'esperienza associativa, ho costruito un veicolo di comunicazione autonomo: quando sono stato il vice presidente della gioventù di Azione Cattolica (nel '66/'67) feci un bollettino che si chiamava il numero del centro diocesano, quando sono stato il delegato di gioventù aclista ho creato ACLI Flash, quando sono stato nel CSI (Centro Sportivo Italiano) ho ideato Sprint, nella Cisl detti vigore a Realtà sociale. Creavo dei bollettini di comunicazione con il ciclostile da spedire o distribuire a mano. Ricordo che da studente iscritto alle scuole superiori ho anche partecipato al Centro Italiano Stampa Studentesca. Ebbi modo di conoscere tutti i redattori dei giornali che si facevano nelle varie diocesi e negli istituti italiani e trovammo un sistema per mettere le vignette, le fotografie sui giornali senza fare il clichè di zinco, e quindi in modo molto più economico. Queste in realtà sono tutte esperienze estemporanee, legate ad una passione personale che hanno un filo logico: trasmettere quello che fai. Un'esperienza più strutturata l'ho avuta con Don Angelo Visconti, ebolitano, il capo dell'Ufficio Catechistico Diocesano. Voleva impegnarsi a creare per la chiesa uno strumento di comunicazione: insieme creammo Agire. Io andai a Napoli e il giornale continuò a camminarecon le proprie gambe, dopo un po' di tempo Don Angelo mi chiamò e mi chiese di dare una mano nell'organizzazione del giornale: entrai nel Consiglio di Amministrazione, fu allora che mi suggerì di iscrivermi all'Ordine dei giornalisti. Eravamo verso la fine degli anni '80. Ho scritto molto su Agire, per 4/5 anni preparavoun pezzo ogni settimana.
Hai aperto un blog che porta il tuo nome, da dove nasce quest'idea?
Era necessario impadronirsi degli strumenti più moderni per rendere possibile un minimo di comunicazione nel nostro tempo, per far conoscere le cose che si fanno. In questa logica dopo che ho finito la mia esperienza amministrativa ho fatto un mio blog (gerardogiordano.blogspot.com) e ho sperimentato anche le forme innovative di comunicazione.
L'idea mi è venuta sempre da altre esperienze che, nel tempo, avevo maturato: come presidente di una società di gestione di un Patto Territoriale, per obbligo di legge, ho anche creato un portale, uno dei pochi costantemente aggiornato sull'andamento del Patto.
Io non sono un informatico, anche se sono stato uno dei pochi sindacalisti che aveva il computer sulla scrivania, allora si chiamava M10.
Quando sono stato amministratore pubblico ho dovuto conoscere ancora meglio tutti gli sviluppi tecnologici: si cominciava a parlare di internet, di e-mail, e ho imparato ad impadronirmi di questi nuovi strumenti. Il primo effetto gratificante è stato la traduzione in un sito internet di un'esperienza di programma comunitario, la riorganizzazione del sistema turistico archeologico - culturale dell'agro nocerino - il sito è ancora on-line (ww.lodis.org).
Da ciò è nata anche l'idea di dedicarsi con maggiore attenzione ai nuovi mezzi di comunicazione: ho creato un blog un po' più privato, di famiglia, e un blog pubblico, sulla mia presenza nel mondo della politica.
Quali sono i segreti di un buon comunicatore?
Un sindacalista deve essere capace di comunicare, anzi deve anche essere più bravo del politico, perché la sua platea è composta da persone semplici, che hannobisogno di essere arricchite con contributi capaci di suscitare non solo emozioni, non solo interessi, ma innescare anche una crescita culturale, sociale, personale.
Spiegare un contratto di lavoro, le novità introdotte, può diventare un'impresa molto difficile.
In realtà la mia esperienza personale non si basa tanto sullacomunicazione tecnica, del contratto
ad esempio, quanto sulla salvaguardia, la tutela e lo sviluppo del lavoro di gruppi di lavoratori, di aziende o di territori. Quindi il mio è stato unlavoro che possiamo definire più di "avvocato popolare" che non da tecnico. Se dovessi dare dei consigli, in primo luogo è necessario conoscere bene l'argomento che si intende comunicare. Questo è fondamentale. Se devi dire qualche cosa devi sapere bene di cosa parli. Anche perché se si conosce bene ciò che si vuole comunicare, si riesce a farlo con maggiore facilità. In altre parole, si riesce a non impaurirsi della platea, perché
spesso, la comunicazione ti porta ad avere paura della platea che hai di fronte.
Inoltre, si deve fare in modo che le informazioni siano rese quanto più semplici è possibile. Questo dipende dalla capacità di fare buone letture ed essere una persona colta che è in grado di rendere semplici anche i contenuti più complessi.
Infine, si deve avere una grande capacità di ascolto, si deve essere una persona capace di dialogare. Poi, se si riesce anche a scrivere ciò che si comunica e a diffonderlo è ancora meglio.
Comunicazione e sociale: come far combaciare questi due aspetti?
Sono molte le persone che non riescono a comunicare, non sanno stare insieme a parlare, a dialogare. La comunicazione è una parte fondamentale della crescita personale, nel senso che la comunicazione deve anche essa essere un elemento di crescitasociale delle persone.
Data la tua particolare esperienza nel campo economico, puoi rilasciarci qualche considerazione sui motivi dell'attuale crisi economica e sulle conseguenze per il mercato del lavoro?
I motivi derivano da come si è evoluto il liberismo spinto e quali sono state le sue degenerazioni. In Europa siamo stati più prudenti, gli elementi di salvaguardia del sistema ci hannoconsentito di fronteggiare i problemi. La situazione comunque porterà ad una contrazione dell'occupazione e quindi ad una riduzione dei posti di lavoro, si dovrà ripensare alla organizzazione dei sistemi produttivi andando così a creare gli elementi che costituiranno il mercato per i prossimi 15 anni.
Questo significa anche pensare ad una nuova riorganizzazione delle stesse persone ed una maggiore formazione professionale per chi vuole inserirsi nel mondo del lavoro.
Secondo te, quale deve essere la funzione del sindacato oggi?
La funzione del sindacato non può che essere negoziale.
Io penso che bisogna rafforzare la capacità concertativa del sistema, che negli ultimi anni è stata
messa da parte, perché si pensava che la concertazione fosse una forma di corporativismo. Invece si è visto che essa dà i suoi buoni frutti.
Però, allo stesso tempo, il sindacato deve anche essere capace di essere rivendicativo.
Il sindacato è un elemento forte della tutela dei lavoratori, non è possibile lasciare ad altri questa capacità di rappresentanza rivendicativa, negoziale. Non è pensabile oggi abbandonare intere fasce all'autonomia delle categorie, alla propria capacità di gestirsi, come ad esempio per il precariato, i contratti a tempo determinato.
Tutto questo deve entrare a far parte di una confederalità sindacale, dove il sindacato si assume insieme la responsabilità di andare verso un riordino di queste fasce di lavoratori in un quadro di stabilizzazione all'interno del mercato del lavoro.
Che cosa vedi nel presente e nel futuro de La Tenda?
La Tenda è stata una grande intuizione del suo fondatore e di chi ha contribuito a farla crescere ed ha costituito una importante cammino nelle esperienze di associazionismo.
Nel presente vedo come un bisogno imprescindibile di definire meglio ruoli, compiti e funzioni di tutte le persone che si preoccupano di dare maggiore vitalità a quest'esperienza: questo si riflette sulla necessità di pensare meglio il modello organizzativo.
Per il futuro vedo un'associazione che mentre è capace di rispondere sempre meglio ai suoi elementi originari (la marginalità, i tossicodipendenti, ora anche gli immigrati), riesce ad essere un soggetto capace di individuare la strumentazione adeguata che ti porta verso il lavoro. Mi ritornano in mente i discorsi fatti, sul Centro per l'occupabilità, l'idea cioè di un luogo dove trovi tutte le informazioni legate al mondo del lavoro, ad esempio come impostare al computer un curriculum, dove fare orientamento, formazione professionale, costruire una cooperativa sociale, a prescindere dall'impegno generale per il recupero dalla tossicodipendenza. Uno spazio dove tutti i temi del lavoro possono trovare le prime risposte fondamentali.
In questo modo si trasforma anche l'utenza de La Tenda, perchè si parla ai giovani in generale che hanno bisogno di nuove proposte e risposte.

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