Credo che il passaggio di oggi possa assumere una valenza rifondativa e di rilancio del partito quanto più piena e lucida si avverta la consapevolezza del profondo e diffuso disorientamento della nostra gente di fronte alle contraddizioni e alle incoerenze, talvolta alle inconcludenze, che hanno contrassegnato questa fase della vita del partito.
Bisogna prendere atto che non emerge e non è percepita da tanta parte della opinione pubblica una linea politica coerente:
• il modo in cui si è arrivati alla formazione dell’attuale governo, probabilmente, anzi certamente inevitabile, dopo un prolungato ed estenuante inseguimento del M5S;
• la gestione rovinosa delle vicende relative all’elezione del Presidente della Repubblica,con l’esposizione al massacro di due figure come quelle di Franco Marini e di Romano Prodi;
hanno lasciato un segno profondissimo, ma ancor prima la base non ha elaborato il risultato elettorale, addebitandolo alla debolezza di una campagna elettorale che partiva dalla previsione di una vittoria data per acquisita.
I toni indebitamente sommessi della campagna, la mancanza di una reale mobilitazione sui territori (che è una responsabilità collettiva, troppo spesso non ammessa o addirittura negata!) sono stati anche, a mio avviso, l’effetto della eccessiva e impropria enfatizzazione delle primarie.
Le primarie: sia quelle per la designazione del candidato premier, sia – soprattutto - le primarie parlamentari, sulle quali si sono dissipate troppe energie (non sempre – come dalle mie parti - limpidamente, correttamente e lealmente impegnate) in una battaglia tribale, terminata la quale sembrava esaurito lo sforzo!
In provincia di Salerno e in Campania, ma mi risulta anche altrove, la gestione delle primarie parlamentari – le quali pure in sé costituiscono un esempio di democrazia realizzato solo dal PD – e i criteri di compilazione delle liste non hanno certamente compensato, ma anzi in taluni casi aggravato l’iniquità del sistema elettorale.
Poi la “controprova”: in tanti comuni il numero dei voti conseguiti dal PD alle elezioni vere di febbraio è stato inferiore a quello delle primarie parlamentari. Si vede che, pur essendo molto ridotta quella platea elettorale, l’empito democratico fu tale, il 29 dicembre, da determinare risultati tanto cospicui: per l'esattezza più che doppi di quelli "attesi”, o meglio verosimilmente prevedibili, nella mia provincia: Salerno, appunto. Ma tanto... si trattava semplicemente di attribuire dei seggi parlamentari: poca roba!
Verrebbe da chiedersi che cosa e chi abbiano “garantito” le commissioni di garanzia regionale e nazionale!
Tornando ai... nostri giorni, c'è - allo stato - un grande deficit di passione e di motivazione che bisogna affrontare con un segnale forte che ricostruisca il partito a cominciare da una segreteria vera, a pieno titolo, che traghetti il PD verso il congresso, non solo per avviarne la fase preparatoria e la celebrazione, ma che promuova – attraverso il coinvolgimento quanto più ampio possibile - la capacità di esprimere un progetto e di recuperare l’unità.
Vorrei cogliere qui lo spunto per richiamare un tema che non mi pare sia emerso dal dibattito, ma che di certo è molto presente nelle sensibilità di Guglielmo Epifani e di Enrico Letta: il Mezzogiorno. So bene che entrambi, dal versante l’uno del Partito e l’altro del Governo, sapranno pronunciare quella parola e soprattutto declinarne il significato e riempire di contenuti le politiche per il Mezzogiorno.
Dicevo della inderogabile esigenza di recupero dell' unità. Una unità che contrasti in modo propositivo la deriva di una altrimenti inevitabile “frammentazione dissolutiva” che trasformerebbe le diversità che nel 2007 hanno costituito – per così dire - una delle “ragioni sociali” di questo partito, in un inevitabile epilogo di contrapposizione tra fazioni, poi non più componibile.
Una segreteria – certo – di transizione, ma comunque forte, senza debolezze e senza opacità, per promuovere una effettiva proiezione verso il futuro da costruire.
Non una transizione puramente e semplicemente conservativa, perché conservare nell’ordinaria amministrazione, nella gestione meramente amministrativa e burocratica, significherebbe distruggere quello che c’è ancora da distruggere.
Il segretario che oggi eleggeremo, il segretario che sarà espresso dal congresso, hanno il compito di ripristinare lo spirito primigenio del partito democratico, allontanando la tentazione e scongiurando il pericolo di rigurgitare modelli passati che ci siamo lasciati alle spalle. Sono convinto che Guglielmo Epifani, con l’esperienza, la sensibilità, la statura che gli sono riconosciute, saprà da subito farsi carico di questa esigenza, direi di questa missione.
Anche così io interpreto quella fiducia che Bersani ripone in un “nuovo inizio”.
Io ci credo, tanto di noi ci credono qui e fuori di qui, ma siamo “pochi”: dobbiamo mobilitarci perché tanti, scettici, delusi, disaffezionati, credano nel nuovo inizio e si impegnino coralmente a ri-costruire il PD e renderlo nuovamente attrattivo.
Roma, 11 maggio 2013
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