Siamo in un momento delicato della discussione sul mercato del lavoro. Confederazioni sindacali ed imprenditori (le parti sociali) si stanno incontrando notte e giorno con il Governo per tentare di realizzarne la riforma.
Il Ministro del lavoro Elsa Cornero, sta lavorando ad un accordo che trasformi la difficile situazione che abbiamo di fronte, per renderla più aperta alla possibilità di avere o di cambiare lavoro, speriamo senza distruggere il sistema delle tutele, realizzate nel tempo con battaglie difficili, per coloro che invece il lavoro rischiano di perderlo se non l’hanno già perduto, a causa della crisi che incombe e perseguita il sistema economico nazionale.
Le prossime ore ci faranno vedere il risultato di questo lavoro e di questi incontri defatiganti. Speriamo in bene ed auguriamoci un risultato positivo.
Noi però, osservatòri di provincia, stiamo continuando a registrare tensioni a volte silenziose di un immenso disagio sociale, diffuso ed insopportabile: un insieme di stress ed angosce che derivano dalla difficoltà di andare avanti nelle famiglie, generato troppo spesso dalla mancanza di lavoro e di reddito.
Tanta povera gente colpita dalla drammatica crisi che stiamo attraversando, trova proprio nella assenza di lavoro o nel lavoro sommerso od irregolare, spesso nella difficoltà a far valere il proprio diritto, uno degli elementi più difficili da risolvere per dare una svolta alle proprie cose e riavviare la vita verso una normalità che ora sembra ancora molto difficile da perseguire.
L’alternativa è ancora una volta partire ed emigrare. Andare alla ricerca delle soluzioni lontano ed in altre comunità. E mentre il nostro Paese ritorna ad essere meta di immigrazione dai paesi del Maghreb e del nord Africa, sembra quasi un paradosso della storia dover mandar via, alla ricerca di un lavoro, i nostri giovani e spesso i migliori cervelli.
In tutta la discussione e nel confronto in atto, quello che appare più preoccupante ed intollerabile, è l’assenza della questione Mezzogiorno.
Le complesse questioni sociali del sud sembrano scomparse, ed appaiono sempre più lontane le soluzioni per i difficili scenari meridionali.
Ormai è unanimemente riconosciuta la necessità urgente di ridurre alcuni divari tra nord e sud, bloccare le accresciute migrazioni della migliore gioventù meridionale o dei giovani operosi e meno fortunati, per aiutare una ripresa economica locale che aiuti a rimettere in gioco seriamente le nuove generazioni attraverso il lavoro e l’occupazione.
Come sarà possibile invertire le tendenze negative che caratterizzano le nostre giornate purtroppo non è dato sapere.
il Sen. Pietro Ichino e Lina Lucci al recente dibattito alla libreria Einaudi su "il lavoro diviso" coordinato da Peppe Iannicelli, organizzato da Giovanni Celenta |
In un recente incontro di studio tenuto a Salerno con il Senatore Pietro Ichino, autorevole giuslavorista, e la Segretaria generale della Cisl Campania Lina Lucci sui temi del lavoro, è stato sottolineato con forza il problema della particolare specificità del mercato del lavoro campano dove sono in corso importanti sperimentazioni come alla Fiat di Pomigliano, ma anche difficili prospettive per coloro - numerosissimi - che sono in cerca del primo lavoro.
Nella situazione italiana, quella campana rappresenta una complessità particolare, non solo per i grandi numeri che sono in gioco, ma anche per le prospettive da dare alla gente, da troppo tempo in attesa di soluzioni. Ma i segnali che qualcosa stia avvenendo non si vedono neanche lontanamente, con il rischio che la situazione possa solo peggiorare.
Avremmo bisogno di lavoro come il pane! Ma di sviluppo per generarlo ancora non se ne parla. E’ come se la questione Campania fosse stata rimossa. Ma questa volta non si può fare affidamento solo alle risorse ed alle energie locali. Non ci sono più le condizioni.
Il pericolo sembra proprio che l’incontro e la convergenza tra le grandi forze politiche per mandare avanti il Paese, trascuri il Mezzogiorno: un bacino delicato, purtroppo sempre in attesa di risposte alle sue antiche difficoltà.
GERARDO GIORDANO
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