C’è ancora un bisogno diffuso di
famiglia nella nostra società?
A tener conto di certi
comportamenti correnti, sembrerebbe che la vecchia stella della famiglia tradizionale
si sia andata offuscando per dar luogo ad altre forme di sperimentazioni senza
profilo e senza storia.
In realtà, a guardar bene le
cose, la ricerca della famiglia o meglio, lo sforzo per la sua costruzione, è ancora
una domanda forte: un bisogno più forte che mai; un bisogno posto, forse,
spesso, nel momento meno appropriato della vita delle persone e che perciò – a
volte – ne riduce la portata e l’importanza.
Viviamo un tempo di grandi sfide e
di cambiamenti che ci impegnano tutti i giorni e ci costringono a cimentarci
continuamente in forme nuove di sperimentazione. Ne risente indubbiamente la qualità
della vita delle persone, costrette ad abbandonare le sue tradizionali quotidianità.
Trovo che uno degli effetti più
perversi che ha minato l’antico valore della famiglia, sia costituito dai
cambiamenti imposti nel tempo dal mercato del lavoro. Sono venuti avanti, “modi
di fare” che hanno influito pesantemente sul “modo di essere” della comunità
familiare, nei rapporti interpersonali, per l’uso spregiudicato ed irrazionale
degli orari, la mancanza di servizi e di forme di sostegno all’infanzia ed
all’adolescenza: tipicità della nostra epoca, che da essa hanno tratto poi
tutte le difficoltà possibili che ne sono derivate. A queste possiamo
aggiungere la ripresa della mobilità interna ed internazionale del lavoro che
in Italia, ma non solo, ha portato fuori del Paese gran parte di giovani
laureati e specializzati privandolo delle risorse di intelligenza e ricerca.
Queste tre risorse: giovani,
formazione e ricerca, avrebbero dovuto invece costituire la base fondamentale
della ripresa, anche basata sulla famiglia, specie in una Italia che è stata
negli ultimi duecento anni un paese di grandi migrazioni, e che avrebbe potuto
cominciare ad aspirare ad una nuova possibilità di sviluppo e di uso più
razionale del suo “capitale umano”.
Ne è derivato, a seguito della
crisi ancora in corso, un accentuato senso di difficoltà nella vita delle
famiglie che non è recuperabile solo con un ruolo più attivo dei nonni che già
sono costretti a fare la loro parte pesantemente per reggere le famiglie che
pure si sono formate non senza difficoltà.
Così sta emergendo un tipo di
famiglia articolato, o meglio, disperso sul territorio, che riesce a riunirsi
solamente nei momenti chiave dovendo rinunciare ad una unità consolidata e
stabile, per la lontananza obbligata dei vari componenti.
E’ un “nuovo tipo di famiglia”
che si sta manifestando già da qualche tempo in maniera estesa, specie nelle
aree meno prospere, che non osa rompere i suoi legami tradizionali ma vive del
rapporto occasionale che si manifesta in particolari periodo dell’anno in
ragione del bisogno di non disperdersi e mantenere unito il vincolo familiare e
di attaccamento alla propria realtà territoriale che si intende comunque
conservare.
I più recenti dati statistici
confermano queste tendenze e la nuova chiave di lettura della realtà della
famiglia e dei suoi bisogni che vanno considerati quasi una emergenza, tra una
nuova possibile minaccia all’unità della famiglia e un nuovo costruendo modello
di esistenza della famiglia stessa.
Se la famiglia rimane il miglior
luogo della socializzazione, anche il suo continuo adattamento ai processi
economici e sociali dovrà tener conto dell’importanza che essa comunque ha e
potrà avere nel rimodellare e riequilibrare le relazioni umane nelle società
complesse.
GERARDO GIORDANO
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