domenica 21 febbraio 2010

60° FESTIVAL DI SANREMO: SETTE PIU' A NINO D'ANGELO !

La mia generazione ha impiegato molto tempo per accettare Nino D’Angelo.
Ve lo ricordate? quel giovane cantante con un terribile caschetto, che interpretava una esasperata napoletanità, anche nei suoi films, con sconvolgenti canzoni neomelodiche.
Passò il tempo ed il pop napoletano prese il sopravvento nelle canzoni del nostro Nino con un complesso di strumentazione artistica moderna della melodia napoletana.
Lo rivedemmo ad un festival di Sanremo “spalla” di Renzo Arbore, cantante, animatore e commentatore maggiorenne, ricco di musicalità napoletana con aperta e diffusa cultura che gli consentì di dare una nuova dimensione e rappresentazione di sè e del suo mondo.
Poi lo abbiamo ritrovato imprenditore di una realtà tra le più compromesse del centro di Napoli riuscendo a dare nuova dignità all’abbandonato “Trianon”: un piccolo teatro che nel quartiere di Forcella consente di immaginare nuove speranze di recupero culturale ed artistico di quella realtà.
Chi non conosce quella situazione stenta a comprendere tutto il valore ed il significato dell’impegno profuso, al di là del progetto artistico e musicale che pure ha una importanza sociale notevole nelle azioni di riscatto.
Per questo la nuova dimensione che Nino D’Angelo ha portato al 60° sanremo, con la sua canzone “jammo jà”, ed anche con i suoi trancianti giudizi sul finale del festival, merita un sette più: un voto alto nel rilancio e nell’impegno che la sua testimonianza di questi anni ha dato e può continuare a dare al recupero della nuova identità meridionale.
Gerardo Giordano

1 commento:

Francesco ha detto...

Mah...non sono molto daccordo. Ma che vuol dire "jammo ja"? qual' e' questo messaggio di rilancio che porta la canzone? non puo' essere che il rilancio della cultura meridionale passa per una canzone che fa il verso ad una altra canone di 100 anni fa? non ci sono state evoluzioni da allora? e poi per rilanciare questa cultura meridionale, come dici tu, non sarebbe ora di farlo con concetti e soprattutto una lingua comprensibili anche fuori delle campania? preservare il dialetto e le tradizioni sono cose nobili ma ci sono tanti modi per farlo, la cosiddetta "vetrina di Sanremo poteva essere sfruttata meglio per far passare un messaggio...mi pare un altra occasione sprecata.
Francesco